— Crì-crì-crì! — Chi è che mi chiama? — Sono io! — Dimmi, Grillo: e tu chi sei? — Io sono il Grillo-parlante, ed abito in questa stanza da più di cent’anni. — Oggi però questa stanza è mia, e se vuoi farmi un vero piacere, vattene subito, senza nemmeno voltarti indietro. — Io non me ne anderò di qui, se prima non ti avrò detto una gran verità. — Dimmela e spìcciati. — Guai a quei ragazzi che si ribellano ai loro genitori e che abbandonano capricciosamente la casa paterna! Non avranno mai bene in questo mondo; e prima o poi dovranno pentirsene amaramente. — Canta pure, Grillo mio, come ti pare e piace: ma io so che domani, all’alba, voglio andarmene di qui, perché se rimango qui, avverrà a me quel che avviene a tutti gli altri ragazzi, vale a dire mi manderanno a scuola e per amore o per forza mi toccherà studiare; e io, a dirtela in confidenza, di studiare non ne ho punto voglia e mi diverto più a correre dietro alle farfalle e a salire su per gli alberi a prendere gli uccellini di nido. — Povero grullerello! Ma non sai che, facendo così, diventerai da grande un bellissimo somaro e che tutti si piglieranno gioco di te? — Chétati. Grillaccio del mal’augurio! — E se non ti garba di andare a scuola, perché non impari almeno un mestiere, tanto da guadagnarti onestamente un pezzo di pane? — Vuoi che te lo dica? Fra tutti i mestieri del mondo non ce n’è che uno solo, che veramente mi vada a genio. — E questo mestiere sarebbe?… — Quello di mangiare, bere, dormire, divertirmi e fare dalla mattina alla sera la vita del vagabondo. — Per tua regola, tutti quelli che fanno codesto mestiere finiscono sempre allo spedale o in prigione. — Bada, Grillaccio del mal’augurio!… se mi monta la bizza, guai a te! — Povero Pinocchio! Mi fai proprio compassione!… — Perché ti faccio compassione? — Perché sei un burattino e, quel che è peggio, perché hai la testa di legno. |
martedì 29 dicembre 2009
Pinocchio
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